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Le fasi della lavorazione dell’argilla sono: la foggiatura, per dare una forma a ciascun oggetto, l’essiccazione per eliminare l’acqua presente nell’impasto della terra e quindi la cottura nel forno. Anticamente questo era alimentato a legna (raggiungendo temperature di circa 600°), ma a partire dal Rinascimento e fino all’800 si usarono forni a camera in muratura. Ad oggi si usano forni elettrici in grado di raggiungere i 1300 °C.
La cottura nel forno è definita “a gran fuoco”. Compresa la fase del raffreddamento, indispensabile per evitare la formazione di crepe o spaccature, i vari oggetti rimangono nel forno per molte ore: in questo modo si ottengono i cosiddetti “biscotti”, cioè i pezzi ancora grezzi prima di venire dipinti a mano.
La pittura o l’ornato a colore è, nella maggior parte dei casi, dato da colori vetrificabili dovuti agli ossidi. Secondo la temperatura che devono subire, i colori si dicono a piccolo fuoco o a fuoco di muffola (da applicarsi soltanto sui rivestimenti: circa 600-800 °C) e a gran fuoco (da applicarsi sotto e dentro i rivestimenti da 900 a 970 °C e oltre). Se alla terracotta comune (detta in questo caso biscotto) si applica un rivestimento,si produce la seconda grande classe delle ceramiche, quelle delle faenze, la cui varietà più nota è la maiolica.
Nella totalità dei casi per fissare il rivestimento e l’ornato occorrono una o più cotture successive a quella per la formazione del biscotto, e allora il prodotto si dice finito. Sono dunque due i processi essenziali che concorrono alla produzione della ceramica: la manipolazione delle materie e la cottura; durante quest’ultima fase avvengono quei cambiamenti di stato fisico e quelle continue e progressive reazioni chimiche che fissano il tipo ceramico che si vuol produrre.
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